Sospesi tra le poltrone

Nuvole che entrano nel quotidiano. Che sospendono e contengono i nostri atti. Oggetti di ogni giorno che si esprimono in atmosfere: ricordi che si rincorrono sospinti da un vento irreale: il tutto in un gioco che ci spinge a tornare bambini. É la proposta affascinante di Annibale Oste. Poltronamente, una poltrona che sembra una nuvola in sospensione: rappresenta forse in contenitore discreto della nostra memoria storica, un vissuto che ha rubato brandelli di vita e di emozioni congelati in un tempo senza inizio né fine? É questo un mondo senza speranza, la coscienza dell’effimero, la volontà di conservare almeno i nostri atti? La nuvola, nuvola in sospensione é il termine che più si addice per questa opera: l’idea della leggerezza, del volatile é stato il primo tema affrontato. Poi, la memoria: una memoria propria dell’oggetto poltrona. Un’analisi ironica del contenuto della poltrona, ossia le piume che volano congelate in uno spazio costrittivo e quindi un’antitesi fra contenuto e contenente. Oppure analisi della vita domestica in una delle fasi più belle, quella dell’abbandono. Consolle con sfera, una consolle elegante e riservata si materializza in una forma senza peso; fa parte dei nostri fantasmi o nasconde la voglia di tornare bambini in un mondo di favola? Una sfera messa lì quasi per caso, sembra voler fermare almeno per un attimo questa condizione irreale; ti fa paura vivere contro, dove ogni regola viene sovvertita? É il gioco dell’assenza e dei contrasti, la consolle vola sospesa in un vuoto immenso, immateriale; una sfera in bronzo la blocca nel suo andare. É un continuo giocare con l’impalpabile, rappresentare quello che non c’é, il vuoto, il vento… la memoria é un modo come un altro per raccontare storie meravigliose e per una volta ritornare bambini. Lampada con velario, uno spazio quasi mistico, un enorme telo si organizza in un ritmo che recupera il senso di una preziosa cappella dimenticata dai più. O forse é il ricordo dei tessuti e merletti della più remota infanzia? L’appropriazione di simbologie e di codici legati a spazi e presenze del passato, nasconde il bisogno di vivere in un tempo trascorso o la paura di essere in un presente sempre più obsoleto? I grandi velari irrigiditi dal fiberglass mi danno la forza di raccontare storie impossibili. Grandi spazi bianchi che fluttuano in maniera organica nel vento. Rappresentare e concretizzare il vento, questo é uno dei temi affrontati, ma logicamente con sapore di antichi merletti e piccole trine, particolari insignificanti, ma per me tanto importanti. Tempi lontani affiorano conquista di spazi infinita, puri come il bianco con cui tesso le mie trame lontane. L’Attraversatore, uno specchio un pò diverso, forse quello che denuncia i nostri desideri più nascosti; il bisogno di essere satiro contiene in sé l’esigenza di essere contro la morale più comune, almeno nel privato? Ritorna il gioco, questa volta nella dimensione specchio, ritagliato come un foglio di carta, in modo naturale, semplice, anche se si ha a che fare con una materia dura.È una parte del nostro spazio che ho scelto e che il satiro, nella sua corsa nella foresta ha catturato e preso in una morsa serrata. Te lo mostra, lo stringe… sei tu che lo stringi, attenzione! Il lungo percorso, simulazioni di antiche vetrate di cattedrali che conservano tutto il fascino di una religiosità intoccabile; piccole figure di bronzo dorato che attraversano con discrezione spazi disumani: ancora il riproporsi dello sconcertante rapporto fra il divino e l’umano? Le grandi cattedrali gotiche mi hanno sempre affascinato. La rigidità coloristica della struttura in contrasto con la varietà del colore del vetro. colori luminescenti, impensabili su qualsiasi superficie, ma che la luce filtrando fa vibrare di un’intensità divina. È il divino che si é voluto rappresentare e quale modo migliore se non con la luce. Ho inserito figure di bronzo per accentuare un percorso, il percorso della vita fatto di un lungo e di un faticoso travaglio. I colori si intensificano e si sovrappongono fino al bianco puro e l’uomo é l’elemento di congiunzione tra il divino e il terreno. Nelle texture rigorosamente composte con dovizia artigianale ci accompagni in un mondo fatto di ritmi, di colori, di emozioni, dove il sacro si unisce al profano, in gioco all’intelligente costruzione matematica il materiale umile al prezioso: é un mondo fatto di tutto e di niente? Continuo a giocare; io dico con la felicità del gioco qualsiasi cosa si rappresenta meglio. Vorrei un mondo fatto di infiniti giochi. Mischio i colori nel modo più vario, tocco e analizzo i materiali più umili e più impalpabili. Piume, madreperle, carteveline ecc. si intrecciano in emozionanti superfici fantastiche fatte per rallegrare i nostri tavoli, i nostri mobili, i nostri percorsi. Sono come noi vorremmo che fossero. Una materia nuova e povera, il fiberglass é pronto a prenderci per mano e dolcemente cullarci in un sogno infinito.