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WAR
ATTENZIONE!
[le immagini all’interno potrebbero urtare la vostra sensibilità]
Artisti: Marco Bevilacqua (scultura, Trieste), Vincenzo Floramo (fotografia, Trieste, residente in Tailandia), Paola Gariboldi (scultura, Milano, residente a Novate Mezzola), Elisabetta Porro (installazione, Trieste), Banafsheh Rahmani (pittura, Iran, residente a Trieste), María Sánchez Puyade (art intervention e video, Argentina, residente a Trieste).
Curatrice: María Sánchez Puyade
Vernissage: sabato 18 ottobre, 20,00 h.
Emporio dell’arte Liberarti
P.zza Barbacan 1/a- Trieste
dal 18 ottobre 2014
fino al 1 febbraio 2015
Ricorrono cento anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale. Liberarti -seguendo la propria linea di ricerca nell’arte contemporanea, intesa come arte nell’attualità- coglie l’occasione per indagare cosa sia la guerra oggi, ma anche per fare una “critica della violenza” che ci circonda.
Dopo La Grande Guerra (come se le altre fossero state o dovessero rimanere piccole?), il rapporto tra cittadino e Stato è sistematicamente cambiato. Con il riassetto geo-politico dell’Europa -e la successiva nascita del fascismo, del nazismo e dello stalinismo- “la nuda vita” (il suo controllo e, al limite, la sua uccidibilità) diventa il nuovo soggetto del potere sovrano e della democrazia moderna. La politica si trasforma in Biopolitica.
Da quel momento, si moltiplicano le dichiarazioni dei diritti e diventa necessario dare un valore alla vita, dire quale sia “degna di essere vissuta” e quale no. Entra in crisi il concetto di stato-nazione e aumenta il numero di rifugiati. Proliferano le organizzazioni internazionali e cresce la necessità di legiferare su tutto ciò che riguarda “la nuda vita”: lavoro, eutanasia, maternità, migrazione.
Subito dopo, un’altra guerra, ancora più mostruosa e più meccanica, ridimensiona quella Grande al semplice ruolo di Prima, e ciononostante da allora l’umanità non ha conosciuto un solo giorno di pace.
Poco più di dieci anni fa, crollano davanti ai nostri occhi le Torri Gemelle.
Da allora è diventato esplicito il fatto che, ogni volta che prendiamo un aereo, il corpo di tutti noi è uccidibile, non tanto dai “terroristi”, quanto dallo stesso terrorismo di Stato. Penso al ragazzo col suo zainetto nell’aeroporto di Londra. La ragione espressa dal potere è la sicurezza della nazione; quella non espressa è che “nell’esercizio del potere di vita e di morte il diritto si conferma più che in ogni altro atto giuridico”.
Dopo la prima guerra mondiale, la violenza esce dal campo di battaglia e dilaga ovunque: nei campi di concentramento, per strada, nello schermo del salotto di casa, su youtube. La guerra è in diretta streaming. Una parte minoritaria delle sue vittime sbarca sulle nostre coste –se non naufraga prima-, o arriva nascosta, stipata nei camion che valicano le frontiere.
La guerra è diventata una questione di immagine. Il nemico prende un ostaggio, lo mette davanti ad una telecamera, invia un ammonimento o poi lo decapita. Il video ci fa vedere il prima e il dopo, e qualche giornale solleva il dubbio che sia tutto una bufala. Invece no, il morto è vero.
Nel frattempo, gli Stati ritirano gli eserciti e provano a giocare la partita a distanza. La guerra diventa un videogioco. La stessa caduta delle Torri Gemelle, in un primo momento avrebbe potuto essere scambiata per un film con tanto di fumo e di fuoco, ma quel corpo buttatosi dalla finestra, quel tuffo nel nulla non poteva essere finto, e allora, siamo in guerra? Come sarebbe l’inizio di una guerra mondiale oggi?
La confusione è un arma potente. Già Achille, per ingannare i nemici, fece indossare la sua armatura all’amico Patroclo. Nell’attualità, si dice che gli Stati si avvalgono dello stesso trucco per scatenare la guerra o semplicemente per portarla avanti, ma il fatto è che siamo noi, tra le mura di casa, a rimanere incerti su cosa stia davvero succedendo.
Quello che stiamo vivendo, chiamasi pace o altro, affonda le sue radici in quella Grande Guerra, e, forse, da là non è mai uscita. Bisognerebbe non dimenticarlo.
María Sánchez Puyade